21 Luglio 2024

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Calcio italiano verso la riforma?

scritto il: martedì, 17 Agosto 2021 - 10:03

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La crisi economica mondiale, conseguente, fra l’altro, alla pandemia (tuttora in corso), ha fatto sentire i propri effetti anche sul calcio. Basti pensare al Barcellona  in disastrosa situazione finanziaria, e per tale ragione costretto a lasciar andare Lionel Messi. Oppure all’Inter, fresca di titolo italiana, obbligata a privarsi, per ragioni analoghe a quelle dei catalani, di alcuni pezzi pregiati (Hakimi e Romelu Lukaku, oltre l’allenatore Conte).

Ad altre Società, più o meno famose, è andata addirittura peggio. Carpi, Chievo, Livorno, Novara (in ordine alfabetico) sono state cancellate dalle mappe, mentre il Gozzano, vincitore del proprio girone di Serie D nella passata stagione, ha dovuto rinunziare all’iscrizione nella categoria superiore.

Nel sistema calcio del cosiddetto Belpaese, come di recente riportato da noto quotidiano a tiratura nazionale, i debiti superano costantemente i ricavi, le perdite plurimilionarie si susseguono anno dopo anno, i flussi di cassa sono praticamente azzerati. I bilanci sono distrutti (al di là delle due uniche eccezioni rappresentate da Atalanta e Napoli), e le magie del calciomercato (leggasi plusvalenze) rappresentano l’unica ancora di salvezza.

Nel mese di luglio, grazie anche al trionfo degli Azzurri agli Europei, c’è stata magari poca attenzione per il problema, ma la verità è una ed una soltanto: l’accennato sistema calcio non regge più.

Ne è pienamente consapevole (per fortuna, si dovrebbe aggiungere) Gabriele Gravina, Presidente della FIGC, il quale ha come obiettivo una riforma dei campionati. Un’impresa, mai riuscita ad alcuno, tant’è vero che Tavecchio, predecessore dello stesso Gravina, la definiva «la madre di tutte le riforme». L’obiettivo dovrebbe essere raggiunto in tre anni: segnatamente, per la stagione agonistica 2024/2025, durante la quale, peraltro, la riformata (quella sì…) Champions League conterà circa cento partite in più rispetto a quella attuale.

Il programma del Presidente federale annuncia una serie A che diminuirebbe dalle odierne venti formazioni ai nastri di partenza, a diciotto. Le tre retrocessioni diventerebbero due, ed altrettante, evidentemente, sarebbero le promozioni dalla cadetteria. Ipotizzati anche playoff, nonché un più cospicuo paracadute per i club che precipitano in serie B. Anche in quest’ultima categoria le squadre al via sarebbero diciotto. Nel menu a discesa, troverebbe posto una serie, per così dire, mediana: ancora diciotto Società nella serie C di élite. In sostanza, questa sarebbe, appunto, una  categoria intermedia fra la serie B e quella C, con quest’ultima composta da trentasei squadre, verosimilmente divise in due gironi di pari numero. Ergo, il sistema conterebbe novanta club professionistici: vale a dire, dieci in meno degli attuali, con differente distribuzione delle risorse. A ben vedere, non una vera e propria rivoluzione, ma un’operazione logica e di buon senso. Un gradino più sotto la Serie C ci sarebbe la serie D di élite, a sua volta categoria mediana fra la serie C e quella D. Del resto, come si legge nella nota FIGC del 27 luglio scorso, lo scopo delle due serie intermedie – appunto C e D di élite–è quello di «aggredire una delle criticità economiche più grandi del sistema: il salto di categoria».

Naturalmente, come ampiamente ipotizzabile, sono già iniziate le manovre di ostruzionismo. Considerando l’ambito, un vero e proprio catenaccio degno del suo inventore (l’austriaco Karl Rappan, nel lontanissimo 1932).

La Lega di massima divisione ha già tenuto alcune assemblee, proprio con tema format del campionato. Tuttavia, appena laDeloitte– notissima azienda di servizi di consulenza e revisione – ha evidenziato, in un suo studio, come, con una categoria composta da diciotto formazioni, diminuirebbero iguadagni, ecco, immediatamente, che diverse Società, soprattutto medio-piccole, si sono molto preoccupate, iniziando ad opporsi. Addirittura più in ambasce i club che, nelle più recenti stagioni, hanno rischiato seriamente la retrocessione, ottenendo la permanenza soltanto nelle ultime giornate. D’accordo per il più sostanzioso paracadute, al quale si è accennato, ma con due sole promozioni, sarebbe arduo, in seguito, rientrare nel calcio che conta maggiormente e nel quale si può provare a concludere qualche affare sostanzioso. A titolo esemplificativo, un’Udinese retrocessa mai avrebbe potuto ottenere un bel pacco di milioni per la cessione di De Paul all’Atlético Madrid, mentre il Crotone, precipitato in cadetteria dopo torneo disastroso (con tanto di record negativo di reti al passivo) ha dovuto privarsi di Simy per cifra, tutto sommato, abbastanza modesta.

Per le richiamate ragioni, appare piuttosto probabile che la Serie A italiana rimarrà con venti compagini, al pari della Liga spagnola e della Premier League inglese, nonché della meno celebrata Ligue 1 francese, nella quale, però, il Paris Saint-Germain potrà contare su un attacco stellare (Messi, Mbappè e Neymar, con in panchina elementi del calibro, fra gli altri, di Sarabia, Di Maria, Icardi).

E non basta. Difatti, Francesco Ghirelli, presidente della Lega di serie C, è stato piuttosto esplicito, dichiarando: «se qualcuno pensa che la riforma del calcio italiano sia la serie C d’eliteha sbagliato clamorosamente». Lo stesso Ghirelli ha anche proposto il blocco di riammissionie ripescaggi, in realtà utile al fine della riduzione degli organici.

In tutto questo, il Presidente della FIGC intende convocare, nel mese di novembre prossimo, un’assemblea straordinaria, allo scopo di mettere tutto il mondo del calcio di fronte alla drammatica, insostenibile  situazione.

La speranza è che la riforma, come argutamente sottolineato da eccellente giornalista, non sia fatta dalle sezioni fallimentari dei tribunali italiani. Sia il pianeta del pallone a provarci.

E lo faccia sul serio.

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